Mostra Pittorica LUIGI SABATINO socio Amici dell’Arte

All’Auditorium Vivaldi Interveranno Piero Fassino Sindaco della Citta’ Metropolitana, Giorgio Benvenuto, presidente Naz. Bruno Buozzi e Nenni, Daniele Vaccarino Presidente Nazionale CNA,,Edoardo Di Mauro critico d’Arte, docente dell’Accademia Belle Arti e Presidente del MAU , Museo d’Arte Urbana, LUIGI SABATINO

 

Venerdì dalle ore 18:00 alle ore 21:00

Biblioteca nazionale di Torino piazza Carlo Alberto 3

Creato per “Amici dell’Arte” AdA – Torino

Il percorso umano, politico ed artistico di Luigi Sabatino si intreccia con temi di grande rilevanza sociale che hanno attraversato il nostro paese dal secondo dopoguerra ad oggi.
Sabatino nasce in terra di Calabria, a Girifalco, nel 1946 e, come molti figli del Meridione in quegli anni, emigra al nord, a Torino, nel 1959, pur mantenendo sempre un legame forte con le sue radici e partecipando attivamente a quei processi di relazione e di radicamento che così saldamente hanno integrato la comunità calabrese in questa regione, a cui ha fornito un contributo importante in termini di arricchimento umano e culturale. Tra l’altro il 1959 è l’anno del Piano Regolatore che, sulla spinta dell’aumento di popolazione determinato dal flusso migratorio e dall’implemento della produzione manifatturiera, sarà destinato a mutare il volto della città.
Torino e, più generalmente, il territorio piemontese ha rappresentato, in particolare nel corso dell’800 e del ‘900, un luogo deputato alla elaborazione ed al rinnovamento dei linguaggi dell’arte. Questo è stato evidente nel corso dell’Ottocento con personalità artistiche di rilevanza europea e numerose scuole di assoluta eccellenza, si citerà quella di Rivara, e, nel secolo successivo, con una grande quantità di movimenti e singoli autori di grande spessore.
Basti pensare, in estrema sintesi, ad una figura centrale come Felice Casorati, che genererà, nei decenni seguenti, una linea di pittura magica e metafisica, con autori quali Italo Cremona, e negli anni Settanta, il gruppo “Surfanta”, ed al Secondo Futurismo nella prima metà del secolo.
Nella seconda parte questa vocazione territoriale nei confronti dell’arte contemporanea si è ulteriormente accentuata, prima con l’Informale, dove spicca il Laboratorio Sperimentale di Alba di Pinot Gallizio, fucina dell’avanguardia europea, poi con l’Arte Povera, infine con le ultime generazioni emerse negli anni’80 e ’90, smaniose di vedere concretizzato un passaggio di consegne generazionale da lungo tempo atteso. Proprio l’Arte Povera e varie figure di intellettuali, critici e galleristi resero Torino, tra la metà degli anni ‘ 60 ed i primi anni del decennio successivo un luogo estremamente stimolante, dotato di una effervescenza culturale innovativa ed eccentrica.
La seconda metà degli anni ’70 presenta uno scenario in chiaroscuro. Da un lato vi è l’inedita esperienza delle giunte di sinistra amministrate da Diego Novelli che durante il primo mandato introducono elementi di innovazione quali una forte attenzione al mondo dell’associazionismo ed alla cultura, basti citare l’invenzione dei “Punti Verdi”, dall’altro si vivono forti e stridenti tensioni politiche e sociali culminate con la fase dei cosiddetti “anni di piombo” che Torino visse da protagonista in negativo. D’altro canto si entrava ormai nella società post industriale, si era all’ingresso di una nuova fase storica già ampiamente preannunciata dai moti sessantottini ed era naturale che la città della FIAT vivesse più di altre contraddizioni e paure che da sempre caratterizzano le svolte epocali. Io vissi in quel periodo gli anni della mia formazione , partecipando con intensità sebbene ancora giovane, sono nato nel 1960, al movimento del ’77 da studente del Quinto Liceo Scientifico, oggi Liceo Volta, uno dei luoghi simbolo di quegli anni.
Gli anni Ottanta torinesi, caratterizzati ancora da un clima di incertezza e dagli ultimi drammatici strascichi del terrorismo, nonché al loro inizio dalle lotte operaie alla FIAT culminanti nella famosa marcia dei 40.000, ben rappresentati dal film di Vilma Labate “Signorina F”, uscito nelle sale qualche anno fa , lasciano intravedere indizi di mutamento. Mutamento che si concretizza gradualmente dopo il crollo della Prima Repubblica, a partire dal 1993, con le esperienze delle giunte di Valentino Castellani e Sergio Chiamparino, a cui succederà, nel 2011, Piero Fassino.
Pur tra difficoltà ed alcuni nodi ancora irrisolti, Torino si difende dalla crisi della tradizionale industria manifatturiera e, di pari, rivaluta la sua vocazione culturale, artistica e turistica.
Queste note di sintetico riepilogo di accadimenti storici recenti servono ad inquadrare la personalità umana, politica ed artistica di Luigi Sabatino, ben evidenziata dal titolo di questa sua mostra personale presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, “La dignità del lavoro nei colori della musica”. Infatti Sabatino ha sempre posto in relazione una forte e partecipata attenzione ai temi del lavoro e del disagio sociale con la dimensione della creatività, in particolare la musica, ed ha trovato in una pittura di figurazione, spesso integrata dalla sperimentazione formale, il medium ideale per collegare i vari aspetti del suo universo personale.
Leggendo la biografia dell’artista si rinviene una predisposizione familiare alla “teknè”, cioè alla capacità di produrre manufatti ed opere immateriali con un elevato senso di consapevolezza formale, ereditato dal padre, musicista virtuoso e dalla madre, valente ricamatrice. La prematura scomparsa del padre porta Sabatino alla decisione di emigrare a Torino, dove si diploma in ragioneria al Sommeiller, per poi impiegarsi all’Enel. Ma Sabatino è un “entusiasta”, nell’accezione etimologica del termine che significa “essere nel dio”, il dio della creatività e dell’arte, come ho avuto modo di constatare parlandogli e visitando il suo studio dove non si può non notare la sua carica di febbrile attivismo.
Quindi al lavoro affianca una intensa preparazione da intuitivo autodidatta, che lo porta ad apprezzare maestri quali Goya, Guttuso, Picasso, Spazzapan , Afro, Kokoscka e Schiele, per poi scoprire un uso lirico ed espressivo della materia, visitando una antologica di Alberto Burri alla Galleria d’Arte Moderna nel 1971. Parlavo prima del Laboratorio Sperimentale di Alba, da cui avrà origine, grazie a Gallizio, Debord, Costant e Jorn, tra gli altri, l’Internazionale Situazionista, profetico movimento di relazione tra arte e società, le cui tesi di fondo sono valide a tutt’oggi. Sabatino ha la fortuna di entrare in contatto con uno dei protagonisti di quell’epoca, compagno di strada di Pinot Gallizio, quel Piero Simondo, docente universitario, pittore ed intellettuale militante, che fonderà nel 1962 a Torino il CIRA (Centro Internazionale per un Istituto di Ricerche Artistiche), e lo accompagnerà lungo i percorsi della sperimentazione e del rapporto tra arte, vita e politica.
Se analizziamo il lavoro di Luigi Sabatino, che nel corso degli anni si è inoltrato lungo un percorso coerente, il primo dato che si evidenzia è la sua fedeltà ai valori della pittura, vista come strumento in grado di metabolizzare l’esistente per ri-donarcelo nella versione intellegibile. Un riferimento, del resto rivendicato da Sabatino, è senz’altro rinvenibile, soprattutto in relazione ad una linea espressionista ed attenta ai temi del sociale e della politica, alla personalità di Renato Guttuso. Direi alla complessa figura di Guttuso nel suo insieme, dalle prove espressioniste degli anni ’30, fino alla linea simbolica ed allegorica sviluppata dagli anni Sessanta fino alla morte, avvenuta nel 1987. Solo relativamente, invece, agli anni del dibattito, maturato in seno alla sinistra nell’immediato dopoguerra, tra sostenitori dell’autonomia della ricerca e paladini del figurativo, con l’artista siciliano in prima fila, in cui quanto non rientrasse in una visione realista di matrice nazional-popolare, secondo una lettura non corretta del pensiero di Antonio Gramsci, veniva tacciato come prodotto di una cultura borghese non attenta alle reali esigenze delle masse popolari. Questa strategia conobbe vita breve, e già nel 1947 artisti come, tra gli altri, Accardi, Dorazio e Turcato decisero di perseguire definitivamente un percorso non vincolato di ricerca individuale. L’iconografia di Sabatino pare effettivamente conciliare l’esigenza di una leggibilità necessaria alla più ampia trasmissione del suo messaggio, con una costruzione formale conscia della tradizione dell’avanguardia novecentesca, dal Cubismo, tramite la scomposizione delle linee forza della figura e l’immissione di elementi oggettuali, in particolare la carta di giornali con cui prepara lo sfondo, all’Informale, appreso dall’alto magistero di Simondo, che rappresenta sostanzialmente un’evoluzione genetica degli spunti antesignani cubisti, sempre con un accorto equilibrio tra la dimensione del reale e quella dell’inconscio.
Ma una linea attraversa trasversalmente l’arte di Sabatino, ed è la sua vena espressionista, che concretizza con ritratti in grado di donarci la dimensione spirituale ed interiore dei personaggi rappresentati, che siano personalità della politica e della musica, oppure figure della quotidianità, tratte dalla sua origine calabrese, con una attitudine antropologica, o dalle zone di crisi del vivere urbano, ad esempio nell’ambito del disagio psichico ed esistenziale, come ben sottolineato da un protagonista della vita civile italiana come Don Luigi Ciotti nell’ambito della presentazione alla mostra del 2010 “Figure e colori in Musica”.
La musica è un altro elemento di collegamento tra i vari spunti della poetica di Sabatino, sia per quanto riguarda il ritmo visivo che sa infondere alla composizione, che per la frequente proposta di immagini provenienti in presa diretta da quell’immaginario.
I titoli dei lavori presentati in questa ampia antologica, ne citerò alcuni, in grado di sintetizzare efficacemente la produzione dell’artista, sono emblematici della pluralità delle sue visioni : la dimensione della terra e della famiglia con “Il telaio di zia Carolina” e “Mia madre”, l’amore per la musica con “Pino Daniele” ed “I Musicisti del Bolshoi”, l’attenzione alla politica ed al sociale con “Berlinguer”, “Lama”, “Cacciari”, “Primo Levi”, “Rita Levi Montalcini”,
Luigi Sabatino è un artista completo, in grado di coniugare nella sua opera spunti provenienti da universi differenti, di conciliare il vissuto personale con quello collettivo.
Una reale comunione tra arte e vita, presupposto fondamentale della dimensione creativa a partire dal primo Novecento.

Edoardo Di Mauro, marzo 2016

 

https://www.facebook.com/events/2039821909576661/

 

http://www.luigisabatino.it/pdf%5Cmostra%20pieghevole%202016.pdf

 

 

Rassegna stampa

 

http://www.lastampa.it/2016/05/11/cronaca/la-dignit-del-lavoro-nei-colori-del-maestro-sabatino-e-della-musica-axAFaJ3wuKSwmTJeXNbVoK/pagina.html

 

LA DIGNITA’ DEL LAVORO NEI COLORI DELLA MUSICA

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